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Gli Stati Uniti a metà strada tra una crisi imperiale e un possibile nuovo ordine globale
Di Antonio Potenza |
Pubblicato il 3 Dicembre 2025
Fra deficit record, transizione geopolitica e tenuta del dollaro, gli Usa stanno rinegoziando la loro posizione nel mondo, con effetti diretti su economia e finanza globali

Nel corso dell’ultimo secolo gli Stati Uniti hanno interpretato un ruolo unico nella storia contemporanea: una potenza imperiale capace di modellare l’ordine mondiale dal secondo dopoguerra alla caduta del Muro di Berlino. Mai, negli ultimi cinque secoli, una nazione aveva concentrato nelle proprie mani un livello di influenza così pervasivo. Ma oggi quel predominio si trova davanti a un bivio. A spiegarlo è Enzo Corsello, country head Italy di Allianz Global Investors, nell’appuntamento mensile di “Osservatorio geopolitico” dedicato all’analisi geoeconomica. In questa puntata l’esperto si è concentrato sugli Stati Uniti, dopo aver dato nelle puntate precedenti una visione di cosa significhi oggi geopolitica.
«La tradizionale “visione imperiale” americana si è retta su tre pilastri. Il primo è il controllo dell’“estero vicino”, secondo la dottrina Monroe, che ha portato Washington a considerare l’America Latina una zona di influenza strategica» spiega Corsello. «Il secondo è il dominio delle rotte marittime attraverso cui transitano il 90% delle merci globali, vero motore della globalizzazione. E il terzo è impedire la nascita di un polo di potere euroasiatico capace di sfidare gli Stati Uniti».
«Questo equilibrio, però, si sta sgretolando» chiosa l’esperto. «Soprattutto con l’ascesa della Cina, il baricentro della strategia americana si è spostato verso l’Indo-Pacifico. L’Europa, un tempo baluardo contro l’Unione Sovietica, è scivolata in secondo piano». A pesare è anche un fattore interno: quella che diversi analisti definiscono “stanchezza imperiale”. Governare un mondo di otto miliardi di persone – non più un impero “gestibile” come quello britannico – ha generato tensioni economiche, sociali e culturali. Le disuguaglianze crescenti e il conflitto identitario hanno alimentato la polarizzazione che ha portato all’elezione di Donald Trump nel 2016 e al suo ritorno alla Casa Bianca.
«Gli Stati Uniti sembrano oggi rinunciare al ruolo di “poliziotto globale”, ma non all’egemonia» specifica Corsello. «Per mantenerla, però, devono sostenere una spesa pubblica sempre più espansiva, che sta facendo esplodere il deficit federale anche in presenza di una disoccupazione molto bassa. Un’anomalia storica».
La vera incognita dei prossimi anni sarà dunque un’altra: non se l’America manterrà la leadership, ma a quale prezzo. «Perché un debito che cresce più dell’economia non può essere ignorato a lungo» conclude Corsello «né a Washington, né nei mercati finanziari globali».