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Essere attivi non rende. Meno di un gestore su venti riesce a battere una strategia passiva
Di Franco Oppedisano |
Pubblicato il 3 Dicembre 2025
Gli studi di Morningstar confermano quanto sia difficile per un fondo attivo mantenere performance superiori nel tempo. Soltanto gli Etf obbligazionari rappresentano un’eccezione

«C’è un effetto momentum dei fondi attivi su orizzonti brevi, ma oltre l’anno prevale il mean reversion. E la persistenza è più forte nella sottoperformance che nella sovraperformance». Al Lugano Finance Forum, Francesco Paganelli, principal manager research Emea di Morningstar, ha usato un liguaggio un po’ criptico, ma non è difficile da tradurre: i fondi attivi all’inizio posso avere buoni risultati, ma nel giro di un anno guadagnano meno, ovvero sottoperformano, rispetto a quelli passivi.
Gli studi Morningstar confermano quanto sia difficile per un fondo attivo mantenere performance superiori nel tempo. Il Morningstar Active-Passive Barometer mostra tassi di successo molto bassi per la gestione attiva soprattutto nell’azionario globale ed europeo. «In alcune categorie» ha osservato Paganelli «meno di un gestore su 20 batte una strategia passiva». Per Mornigstar, solo le obbligazioni rappresentano un’eccezione: la maggiore complessità del mercato fixed income crea nicchie in cui la gestione attiva può aggiungere valore.
Nonostante questo, l’offerta di Etf attivi in Europa sta vivendo una forte espansione. «Abbiamo contato quasi 20 nuove società entrate nel mercato degli Etf attivi» ha riferito Paganelli «e più di 100 nuovi fondi lanciati dall’inizio del 2025». Ma la quota di mercato raggiunta dagli Etf attivi rimane, però, ridotta: circa il 2,5% del totale.
Paganelli, a Lugano, ha anche presentato una panoramica sui trend strutturali che stanno trasformando l’industria del risparmio gestito, dalla quale emergono tre importanti novità. Il primo è un ritorno massiccio di interesse verso gli asset alternativi, in particolare l’oro, spinto, secondo Morningstar, sia da riallocazioni strutturali dei grandi investitori istituzionali, sia da dinamiche di momentum che caratterizzano le strategie trend-following.
Il secondo è la brusca inversione di tendenza dei fondi sostenibili a causa della revisione delle linee guida Esma che ha costretto molti asset manager a rivedere nome, obiettivi e documentazione dei fondi. «Molte case» ha detto Paganelli «hanno preferito cambiare ciò che dichiaravano piuttosto che ciò che facevano».
Il terzo trend di mercato riguarda la centralità nelle nuove allocazioni dei mercati privati, ovvero gli investimenti non quotati in borsa, come nel caso di società private, immobili, infrastrutture e prestiti a imprese. «I mercati privati» ha concluso Paganelli «richiedono pazienza, perché gli investimenti sono a lungo termine. La dispersione delle performance è molto più ampia e saper selezionare i gestori fa una differenza enorme».