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Chi diversifica riduce il rischio e paga anche meno tasse
Di Rosaria Barrile |
Pubblicato il 17 Febbraio 2025
Non tutti i prodotti finanziari consentono di recuperare le minusvalenze delle attività finanziarie. Con Marina Maghelli di Efpa Italia scopriamo quali sono

Quando si investe è importante diversificare, non solo per ridurre il rischio complessivo del portafoglio, ma anche per ottimizzare la gestione fiscale delle cosiddette “minusvalenze”, ossia le perdite derivanti dalla vendita di uno strumento finanziario a un prezzo inferiore rispetto al prezzo di acquisto. Le minusvalenze sono il contrario delle plusvalenze, che rappresentano, invece, il profitto ottenuto quando viene venduto uno strumento finanziario a un prezzo superiore al prezzo d’acquisto.
Una gestione efficiente della fiscalità relativa agli strumenti finanziari rappresenta un valore aggiunto: in pratica è possibile ridurre le imposte da pagare e quindi ritrovarsi in tasca un importo più elevato, come spiega Marina Maghelli del Cda di Efpa Italia, una delle affiliate di Efpa Europe. «Mentre la plusvalenza o capital gain origina un debito d’imposta e richiede il pagamento delle tasse sul profitto realizzato, le minusvalenze creano un credito d’imposta. Questo non significa che abbiamo maturato il diritto di ricevere un rimborso di denaro, ma che abbiamo la possibilità di recuperare tale credito compensandolo con le plusvalenze generate nello stesso anno e nei quattro anni successivi. In questo modo è possibile non pagare le imposte sino alla concorrenza delle minusvalenze realizzate».

 

Marina Maghelli, componente del cda di Efpa Italia

 

La scadenza delle minusvalenze è fissata al 31 dicembre di ogni anno. Ad esempio, il 31 dicembre 2025 scadranno le minusvalenze realizzate nel 2021. Oltre all’anno in cui si verificano, vi sono quattro anni di tempo per recuperarle. «Non tutti i prodotti finanziari consentono di recuperare le minusvalenze: il fisco italiano fa una distinzione tra strumenti che creano redditi da capitale e quelli che creano redditi diversi”, precisa Maghelli. «Generano redditi da capitale e quindi non possono compensare le minusvalenze gli Etf, i fondi comuni di investimento, le Sicav, le cedole delle obbligazioni e i dividendi delle azioni. Generano redditi diversi e consentono di recuperare le minusvalenze le azioni, le obbligazioni, gli Etc, gli Etn, i certificates (sia sul valore del coupon staccato, sia sulla plusvalenza di prezzo) e i derivati. Normalmente quando l’investitore apre un dossier titoli, salvo che non disponga diversamente, la banca applica il regime amministrato. Si tratta della soluzione più comoda perché la banca fa da sostituto d’imposta e l’investitore non deve inserire nulla nella dichiarazione dei redditi. Tutte le volte che vi è una plusvalenza la banca applica direttamente la tassazione o la compensazione con eventuali minusvalenze, mentre quando si verifica una perdita la somma viene accantonata in uno “zainetto fiscale”. Una corretta pianificazione fiscale e un monitoraggio delle minusvalenze residue possono quindi generare risparmi significativi sulle imposte, migliorando così l’efficienza del portafoglio».