Gli investitori si dividono in tre grandi categorie, Chi è felice per aver puntato sui Bitcoin che ha stracciato i massimi di 100 mila e quelli che si mordono le mani per non averlo fatto. Ma è la terza categoria quella più disperata: quelli che hanno avuto dei Bitcoin e li hanno persi. E non sono pochi. Secondo un rapporto del giugno 2020 della società di analisi blockchain Chainalysis, circa 3,7 milioni di Bitcoin sono rimasti inattivi per almeno cinque anni. Questo corrisponde a circa 370 miliardi di dollari di Bitcoin che potrebbero non essere spostati mai più. Un’altra società di analisi, Glassnode, stima che siano 3 milioni. Entrambe queste analisi si basano principalmente sulla questione del tempo, considerando perdute tutte quelle monete che non sono state toccate per diversi anni.
La terza stima, fornita da Cypherock, suggerisce, invece, che circa 6 milioni di Bitcoin siano irrimediabilmente persi, lasciando circa 13,4 milioni di Bitcoin in circolazione. Questi 6 milioni, al valore attuale, corrispondono a circa 600 miliardi di dollari. Secondo le previsioni di Cypherock, mentre verranno “minati” circa 1,7 milioni di Bitcoin nei prossimi 100 anni o più, nello stesso periodo una somma simile andrà nuovamente persa e quindi la quantità di monete virtuali è già vicina al suo numero finale.
Ma come si fa a perdere i Bitcoin o le altre criptovalute? Se si decide di custodirle personalmente la cosa più comune è perdere la chiave privata, una stringa di numeri e lettere necessaria per effettuare transazioni in criptovaluta. In questo caso non c’è modo di recuperarle. Stefan Thomas, ex chief technology officer di un operatore cripto, nel 2011 ha ricevuto per un lavoro 7.002 Bitcoin, ma purtroppo ha dimenticato la password per accedere all’unità USB, crittografata e ad alta sicurezza, che li protegge. Il contenuto della chiavetta, inclusi i Bitcoin, finirà cancellato dopo 10 tentativi di accedere non riusciti. E a Thomas ne restano soltanto due. Anche le piattaforme di scambio possono dare problemi. La scomparsa di Gerald Cotten, fondatore dell’exchange QuadrigaCX ha bloccato qualsiasi operazione sulla piattaforma perché era l’unico a conoscere le password per accedervi. E tutti hanno perso le loro monete virtuali. C’è anche chi li ha perduti, sapendo di perderli. Nel 2013 la rivista Wired ricevette un piccolo device per minare Bitcoin e riuscì a crearne 13, ma la redazione decise di distruggere la chiave privata per accedervi.
Ma la vicenda più surreale è quella dell’ingegnere James Howells, 38 anni, che da un decennio è alla ricerca del disco rigido del suo vecchio computer portatile gettato nell’estate del 2013, che si troverebbe in una discarica di Newport, nel sud del Galles. Su quell’hard disk ci sono 8.000 Bitcoin che allora valevano poco più di cento dollari e al tasso di cambio attuale valgono circa 800 milioni. Howells non riesce a ottenere il permesso per cercarli e nessuno lo sta facendo. Poi c’è il mistero di Satoshi Nakamoto, il creatore, coperto da pseudonimo, di Bitcoin, che ha “estratto” un numero significativo di Bitcoin (si stima un milione) nei primi giorni di vita della criptovaluta e che è sparito letteralmente da quasi 15 anni. Una volta scrisse: «Semplicemente, le monete perse fanno aumentare leggermente il valore di quelle altrui. Consideratela come una donazione collettiva».
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