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Un crollo improvviso e un rapido recupero, ecco cosa sono gli spike giornalieri
Di Matteo Marinetti |
Pubblicato il 21 Gennaio 2025
Molto spesso questi rapidi e violenti movimenti in Borsa sono generati dai sistemi di trading automatizzati che amplificano l’effetto gregge. Ma, a volte, sono solo il risultato di un errore di battitura che può anche costare carissimo

L’ultimo episodio è avvenuto meno di un mese fa quando in avvio delle contrattazioni alla Borsa di Milano il titolo Eni è sprofondato del 6,3% e immediatamente sospeso dalle contrattazioni per eccesso di volatilità, senza, almeno apparentemente, alcuna ragione. Una volta riammesso, il titolo si è sostanzialmente allineato all’andamento debole del comparto petrolifero, recuperando gran parte delle perdite.
In gergo tecnico, si è trattato di uno “spike giornaliero”, un fenomeno sempre più frequente e rilevante nei mercati finanziari.
Una delle principali cause di questi eventi inspiegabili è l’impiego dei trading system e delle strategie di trading algoritmico, in particolare quelli ad alta frequenza. Questi sistemi svolgono un ruolo importante nell’aumento degli spike giornalieri perché si tratta di sistemi automatizzati, programmati per reagire immediatamente a determinati segnali di mercato come ad esempio la rottura di un supporto o di una resistenza, un picco nei volumi, o una variazione dei prezzi in un brevissimo lasso di tempo. Quando un livello chiave programmato viene raggiunto, i trading system possono generare ordini di acquisto o vendita in massa, amplificando in pochi secondi il movimento dei prezzi.
Gli algoritmi sono anche influenzati dal mercato. Ad esempio, se un trading system rileva un movimento rialzista in corso, potrebbe entrare automaticamente in acquisto per sfruttare il flusso. Questo “effetto gregge”, dove più algoritmi seguono lo stesso segnale, può amplificare il rialzo iniziale.
D’altro canto, la velocità con cui questi sistemi operano può anche portare a movimenti contrari altrettanto rapidi e questo crea spesso dei movimenti a “V” molto pronunciati all’interno della stessa giornata.
Gli spike hanno anche un’altra motivazione molto più umana: i Fat Finger, tradotto letteralmente “il dito grasso”, ovvero l’errore di digitazione delle cifre di una transazione da parte di un trader. È quello che è accaduto a Eni, vittima di un errore umano di un intermediario finanziario che ha inserito per sbaglio un ingente ordine di vendita generando un “flash crash”. Questi errori possono costare carissimi. Un esempio? Nel 2019 a causa di un fat finger, di un errore umano di un trader, la società internazionale Jardine Matheson Holdings, con sede a Hong Kong, ha perso oltre l’83% alla Borsa di Singapore e bruciato 18 miliardi di dollari in un secondo.