Sono solo stime, ma fanno impressione. Se fino a una decina di anni fa gli alberghi accoglievano più dell’80% delle persone che visitavano il nostro Paese, alla fine del 2022 gli affitti brevi si sono assicurati il 42,3% del mercato, corrispondente a 178,2 milioni di presenze turistiche su un totale di 421,1 milioni, con un giro d’affari che si aggira intorno agli 11 miliardi di euro.
Anche il “si aggira” è di rigore perché, secondo Federalberghi, il numero di presenze turistiche non monitorate negli affitti brevi si avvicina ai 100 milioni. Un mare magnun di sommerso che le nuove norme stanno cercando di far emergere. Sono arrivati così un Codice Identificativo Nazionale (Cin) da richiedere ed esporre nel palazzo e sugli annunci operativo dal primo settembre, nuove sanzioni molto salate e tasse più alte, ma non per tutti. Infatti, chi mette in locazione un solo appartamento continuerà a dover pagare la vecchia cedolare secca al 21%. Era già previsto dalla legge di Bilancio 2024, ma l’Agenzia delle Entrate, di recente, lo ha confermato: la cedolare secca con aliquota al 26% si applica solo a partire dal secondo immobile dato in locazione.
Tutti i locali da affittare per brevi periodi dovranno comunque essere dotati di un estintore e di rilevatori di gas combustibili e del monossido di carbonio, mentre solo chi gestisce l’attività a livello imprenditoriale ha l’obbligo di segnalazione di inizio attività (Scia) e di assicurare che tutti gli impianti siano a norma. Insomma, per chi affitta un solo appartamento le nuove norme sono una noia, ma il Cin si richiede telematicamente e gratis e le spese per le dotazioni richieste hanno un costo inferiore a un centinaio di euro. Cifra di gran lunga più bassa delle multe previste: l’assenza del Cin comporta una sanzione pecuniaria da 800 a 8.000 euro, la sua mancata esposizione e indicazione verrà invece punita con multe dai 500 ai 5.000 euro, mentre l’assenza delle dotazioni di sicurezza previste sarà punita con una sanzione da 600 a 6.000 euro per ciascuna violazione.
La cedolare secca potrebbe, poi, essere applicata anche ai privati che affittano a imprese e che oggi, invece, devono pagare l’Irpef sui compensi. Si tratta di un pronunciamento della Cassazione, non ancora effettivo non essendosi riunita con tutte le sezioni, ma il mercato dell’affitto potrebbe presto allargarsi anche alle aziende.
Insomma, si aprono strade nuove e sono lontani i tempi nei quali il governo e l’Aigab, l’associazione dei gestori, erano ai ferri corti anche perché il nuovo regime di cedolare secca maggiorata tocca soprattutto i cosiddetti multiproprietari, che rappresentano una minoranza. «Per noi è un problema relativo» dice Marco Celani amministratore di Italianway e presidente di Aigab. «Abbiamo stimato che i multiproprietari sono il 4% del totale per cui non impatta il portafoglio degli immobili oggi on line. Chi ha una casa al mare già sui siti e vorrebbe affittarne un’altra, magari, è un po’ più scoraggiato, mentre, al contrario la sentenza della Cassazione può far crescere il mercato. Oggi affittare alle aziende non è conveniente. Magari chi ha una casa che va sistemata, vorrebbe affittarla a un’impresa, che effettua i necessari interventi per poi ri-affittarla, oggi non conviene, ma con il pronunciamento della Cassazione cambierebbe tutto».
ARTICOLI
Affitti brevi più facili per i piccoli proprietari
La cedolare resta al 21% per chi ha sul mercato un solo appartamento e le spese per mettersi in regola con le nuove norme sono minime