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«Borse care? Forse sì, ma a medio termine andranno bene»
Di Sergio Luciano |
Pubblicato il 9 Aprile 2024
Parla Giovanni Tamburi, oggi il più importante investitore privato italiano: «Ci sarà una correzione, ma i mercati salgono sempre»

«È vero, ed anzi è chiaro, che i mercati sono alti, e lo sono in un modo… strano. Perché la Borsa americana fonda il suo attuale livello record su una decina di titoli, e anche i listini europei su qualche banca e poco altro. Dunque, siamo su livelli basati su poco, livelli più fatui che in passato. Però l’esperienza insegna che i mercati… salgono sempre. È solo questione di tempo, ma salgono sempre!»: parola di Giovanni Tamburi, fondatore e capo della Tip (Tamburi investment partners), banca d’investimento e d’affari italiana indipendente, un protagonista assoluto del nostro mercato, investitore istituzionale in numerose aziende di successo, con 1,6 miliardi di capitalizzazione ed un portafoglio di investimenti dal valore di oltre 5 miliardi di euro.

Ah, quindi non c’è da preoccuparsi che le Borse crollino?

Le spiego. La capacità di ripresa dimostrata dalle Borse dopo la crisi Lehman nel 2008, o dopo il Covid tre anni fa, ed anche dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, dimostrano che la ripresa arriva sempre. Il pil mondiale continua a crescere, tanti parlano di una Cina in crisi ma è, un Paese che l’anno scorso è cresciuto del 5,3% e quest’anno promette di far lo stesso. È chiaro che i mercati finanziari sono molto alti e probabilmente subiranno una correzione, ma se uno ragiona con un minimo di senso della prospettiva, non dico pensando a 10 anni ma a 1, 2 o 3 anni… non c’è di che allarmarsi. Finché c’è un’Asia come quella che vediamo, con la sua voglia di crescere, che tira la volata al mondo, proprio no. E non si è vista ancora l’Africa, che pure arriverà!

Ma molte grandi case di investimento mondiali sembrano ormai emularsi l’un l’altra, far tutte le stesse scelte… Che ne pensa?

È chiaro che tanti, troppi operatori sono abituati a non pensare, e che aumentano gli investitori passivi, gestori pigri, al riparo dietro masse di denaro gestito enormi. Un quadro che spiega anche la polarizzazione dei mercati su pochissimi titoli, la poca voglia di approfondire di alcuni analisti, a volte superficiali, a volte fissati su teoremi infondati, come il criterio dei multipli, di cui tutti parlano seguendo la moda e nessuno sa cosa siano, e sono banalmente la pretesa di valutare un’azienda in base a un numeretto…

In una recente intervista lei ha pronosticato un ritorno alle quotazioni in Borsa…

Constato i fatti. In giro sui mercati e nella pancia delle aziende ci sono molti debiti. Le banche non hanno voglia di prestare altro denaro. I grandi fondi di private equity hanno corso tanto, guadagnato tanto, ma oggi subiscono il peso di un invenduto da 3000 miliardi di dollari, quindi devono prendersi una pausa di riflessione. Dunque, lo sbocco della Borsa, per le società indebitate ma sane, è fisiologico. Le Ipo (Initial public offering, ndr) saranno un rimedio naturale. Anche perché i tassi li vedo ridimensionarsi un po’, ma non scendere di molto. Il denaro resterà piuttosto caro. Per questo penso che dal secondo semestre di quest’anno e per tutto il ’25 e il ’26 le quotazioni rifioriranno.

Parlava di mode finanziarie: non la convincono?

Le osservo, le studio… ad esempio oggi che sento parlare continuamente di intelligenza artificiale ricordo quando si parlava sempre di metaverso, e non se ne parla più. O di quando, già dieci anni fa, Tesla parlava di guida autonoma, altro tema eclissato.

Le piace andare controcorrente?

Quando abbiamo messo a punto il modello Tip, con la scelta di acquistare minoranze, fare quotazioni, non creare fondi d’investimento… non abbiamo seguito alcuna moda. E molti ci criticavano. Ma il modello ha funzionato.

Parliamo delle tante transizioni in atto: quella energetica-ecologica, quella digitale…

Direi che la transizione digitale è una scelta obbligata, va fatta e basta. Sappiamo più o meno quanto può costare, e quanto potrà rendere. Invece, la transizione energetica si sta facendo strada pian pianino, ma certo è che tra il nucleare francese e il gasolio tedesco non c’è molto da stare allegri. In generale, la transizione energetica-ecologica aggrava i conti economici delle imprese e non lascia vedere l’orizzonte, raggiunto il quale i conti si gioveranno delle innovazioni apportate oggi a prodotti e processi. Il guaio è che l’analista finanziario, quando rileva una flessione dei risultati, punisce l’impresa, e non fa caso se sia dovuta a investimenti ecologici o a deterioramento della performance.

Come se ne uscirà?

Con molta più gradualità di quanto si sia detto finora. Mi ha colpito una notizia dalla Svizzera, dove è stata appena approvata una legge per cui è sanzionabile chi perde una pallina da golf e non la recuperi, e stanno studiando un modo per microchippare la pallina e così recuperarla sempre. Valuti lei… Per effettuare la transizione ecologica, quella vera, servirebbero tanti soldi, e c’è chi invoca risorse pubbliche, anche a debito, ma gli Stati sono già tutti straindebitati. Le banche hanno ricollocato in capo ai governi l’80% del debito…Chi finanzierà? E intanto i prodotti occidentali competono globalmente con una concorrenza asiatica inquinantissima, che s’infischia della sostenibilità. È giusto, ha senso procedere così?