Seleziona una pagina

ARTICOLI

Rossetti, hamburger e il SuperBowl, cosa non si fa per prevedere il mercato
Di Franco Oppedisano |
Pubblicato il 20 Febbraio 2024
Gli Stati Uniti sono la patria degli indicatori non convenzionali che coinvolgono persino il popcorn imburrato, i fagioli in scatola o gli interventi di chirurgia plastica per sapere come andranno l’economia e i listini azionari. Ma non funzionano quasi mai

Siete liberi di non crederci, ma l’andamento dei prossimi 12 mesi della borsa americana dipende da come è andata lunedì scorso la finale del Superbowl, quella del campionato di football americano. La vittoria dei Chiefs ha aperto, in teoria, la strada a una flessione del mercato azionario perché la squadra appartiene alla American Football Conference (Afc) e, secondo l’indice del Super Bowl lanciato dal giornalista sportivo Leonard Koppett nel 1978, il mercato sarà in rialzo solo se a vincere la fiale è stata una squadra della National Football Conference (Nfc). Funziona? No. O meglio funzionava fino al 1978 quando è stata notata la correlazione, mentre negli ultimi 20 anni ha funzionato solo sei volte, Una performance, per lo meno, discutibile. Ma negli Stati Uniti sono specializzati nell’inventare indicatori vari che misurano il polso all’economia mondiale facendo a gara con le statistiche ufficiali, le previsioni dei centri studi o quelle dell’istituzioni internazionali. Eccone alcuni.

Big Mac index

Elaborato da The Economist nel 1986, è basato sulla teoria della parità del potere di acquisto, secondo la quale i tassi di cambio tengono a modificarsi, nel lungo periodo, fino ad eguagliare il prezzo di un basket di beni e servizi in differenti Paesi. La pietra di paragone è il Big Mac di Mcdonalds, il cui prezzo nei diversi Paesi è confrontato con quello americano attualmente a poco meno di 5,7 dollari. Insomma, dove il Big Mac costa di più le monete sono sopravvalutate rispetto al dollaro. Funziona? Attualmente in Svizzera il Big Mac costa quasi il 50% in più ripsetto agli Stati Uniti, ma questo differenza positiva va avanti da decenni e anzi tende ad aumentare.

Lipstick index

Coniato da Leonard Lauder, ceo di Estee Lauder, mette in relazione la recessione con l’aumento della vendita dei rossetti perché le donne li preferiscono rispetto al altri generi più costosi, come l’abbigliamento, le borse e le scarpe. Funziona? Si, almeno fino alla pandemia quando sono crollate le vendite dei rossetti a causa dell’obbligo di indossare le mascherine. Niente paura, però:
«L’indice dei rossetti è stato sostituito dall’indice delle creme idratanti», ha dichiarato allora Fabrizio Freda, amministratore delegato di Estee Lauder Cos. «Ma il concetto di indice è ancora valido».

Buttered popcorn index

È un indicatore che viene utilizzato nel mercato americano, dove alcuni esperti hanno verificato che nei momenti di crisi la gente tende a frequentare maggiormente i cinema, indipendentemente dalla qualità dei film, ma soprattutto a comprare più popcorn da consumare in sala.

Plastic surgery indicator

Le operazioni di chirurgia estetica non diminuiscono quando l’economia non va bene, ma crescono maggiormente gli interventi meno invasivi rispetto a quelli più costosi.

Fagioli, auto e giornali

Quando l’economia Usa è in crisi si vendono più fagioli in scatola (baked beans index), i venditori di auto usate sono più veloci a proporre sconti (car salesman closing index) e prima che la recessione arrivi la stampa ne parla già da almeno sei mesi (The R-Word index).