È complesso lo scenario economico di questa fase. Oggi ci sono molte variabili globali difficili da governare come la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente con le dirette conseguenze sulla navigazione nel Mar Rosso.
D’altra parte, ci siamo resi finalmente conto di cosa sono le filiere globali di un mondo che si sta sempre più amazonificando e in cui il costo del lavoro, le materie prime, i microchip provengono da posti diversi. E cosa succede per chi, come l’Italia, che è una grande specialista di trasformazione e di servizi, ma non ha quelle materie prime, quella forza lavoro, quei microchip? Diventa necessario (oppure più conveniente) comprarlo fuori piuttosto che produrlo “in house” a costi economici, ambientali e sindacali molto più alti.
Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni
Ecco perché bisogna provare ad avere una visione limpida sull’economia nazionale e mondiale, sulla nuova globalizzazione, sull’evidenza della speculazione sui costi energetici (e non solo). E ancora, sull’impossibilità di un’autarchia economica. Una globalizzazione da gestire facendo rete, diversificando e gestendo il rischio. Abbiamo finalmente capito il vero valore della globalizzazione.
La lezione che abbiamo imparato da pandemia e guerra è allora chiara. Servono pesi e contrappesi tra macro reti (in particolare le Big Tech e le Big Bank) e macro sistemi nazional/imperiali (USA, Cina, Russia). Ma soprattutto è importante comprendere che, soprattutto per un Paese come l’Italia, si deve fare l’Unione Europea vera, non quella della Difesa che rimarrà sempre un aspetto di contorno sotto l’ombrello USA, ma quella che porti a un ritorno verso il Mercato Comune Europeo, quello che è esistito fino al 1993, fino a Maastricht.
Sarebbe importante tornare ad una dimensione in cui la realtà UE negozi tutta insieme, con un’unica voce, il prezzo del gas, del petrolio, delle terre rare e di molte altre materie prime e merci. È quello che fanno, per altri versi, gli Stati Uniti con il loro spiccato federalismo sì, ma con norme e logiche federali che per alcuni temi sovrastano quelle dei singoli stati dell’Unione.
Questo schema darebbe all’Europa la potenza di un mercato da 500 milioni di consumatori ricchi, perché noi viviamo nel continente più ricco del mondo, rispetto ai 330 milioni degli Stati Uniti, rispetto ai 144 milioni della Federazione Russa, e anche rispetto al miliardo e 400 milioni della Cina che, pur essendo un Paese importantissimo nelle filiere globali, ha livelli di reddito e di consumo relativamente molto bassi.
D’altra parte, siamo ormai otto miliardi di abitanti sul nostro Pianeta. L’antropizzazione genera tante conseguenze, la più importante delle quali è la crescita della domanda di energia rispetto al passato. Diventa, quindi, fondamentale far diventare la transizione delle energie non sostenibili a quelle sostenibili un’azione consapevole e concreta da mettere in campo al più presto se vogliamo lasciare ai nostri giovani e a quelli futuri che verranno un pianeta degno di essere vissuto.